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Pronto Soccorso Avezzano: scoppia il caso, intervengono gli avvocati

I medici reagiscono al direttore sanitario del P.O. della città capofila della Marsica che li accusa di aver tralasciato altre patologie, per concentrarsi esclusivamente sui pazienti Covid. La verità dei medici: "Manca un protocollo". Accuse rispedite al mittente.

Dove sta la verità? Chi ha mancato, chi è in difetto? Scoppia il caso al Pronto Soccorso dell’Ospedale Civile di Avezzano, tanto da far intervenire anche gli avvocati e tanto da richiedere scuse formali. I medici del Pronto Soccorso reagiscono alle accuse mosse dal Direttore sanitario, la dottoressa Lora Cipollone, che ha rivolto loro una dura nota circa il modus operandi nel Pronto Soccorso per far fronte all’emergenza sanitaria in atto, legata al Coronavirus. Una lettera indirizzata al responsabile e ai medici del Pronto Soccorso e, per conoscenza, anche al Direttore Sanitario ASL1, al Direttore e ai responsabili delle Unità Operative di degenza e al Direttore del Dipartimento di emergenza.

La lettera, datata 14 aprile 2020, era stata preceduta da una riunione d’urgenza nel giorno di venerdì Santo.

Nella lettera, si legge che “Nel corso dell’ultimo mese, in emergenza Covid-19, l’attività dei Medici del Pronto Soccorso è stata fondata esclusivamente sull’individuazione del paziente Covid e non Covid, tralasciando tutte le altre patologie; infatti sono accaduti episodi gravi che hanno messo a repentaglio non solo la salute ma anche la stessa vita dei pazienti”.

Accuse, queste, che hanno suscitato la reazione dei dirigenti medici del Pronto Soccorso, i quali hanno affidato la loro risposta agli avvocati Renzo Lancia e Salvatore Braghini.

Nella replica predisposta dai legali il bersaglio è il Direttore Sanitario del Presidio avezzanese, ma la nota è stata inviata anche al Direttore Sanitario ASL 1, la dottoressa Maria Simonetta Santini, al Direttore Generale ASL1, Roberto Testa e al Direttore D.E.A., Angelo Blasetti.

I legali difendono a spada tratta l’operato dei medici, evidenziando che “sono questi a rimproverare alla Direzione sanitaria di non aver neppure elaborato un apposito protocollo per fronteggiare la grave emergenza, costringendo i medici della prima linea a confidare unicamente nella loro esperienza e preparazione. I medici prospettano tutt’altra verità!”.

“Vero è che la modalità operativa adottata verso un paziente “sospetto” covid che presentava anche altre patologie, non poteva che basarsi sul ricovero nel reparto di malattie infettive, in attesa dell’esito del tampone rino-orofaringeo, e sulla contestuale allerta del reparto della patologia concomitante. Vero è che il ricovero presso il reparto di malattie infettive in caso di sospetta comorbilità è stato sempre adottato a seguito di una scelta ponderata e comunque avvalendosi della consulenza dello specialista delle malattie infettive. Oggi i medici scoprono basiti che la Direzione Sanitaria – tanto si evince nella nota critica – avrebbe voluto la registrazione del paziente sospetto covid nella disciplina di appartenenza della patologia più grave e di fatto “appoggiarlo” nella U.O. di malattie infettive. Ma è evidente che tale soluzione ha risvolti meramente burocratici, e che, non essendo mai stata richiesta prima della riunione del 10 aprile, nulla si può rimproverare ai medici del P.S., soprattutto in mancanza di direttive specifiche”, così affermano i due legali.

A questo punto i medici del Pronto Soccorso domandano alla Direzione sanitaria:

“In assenza di un protocollo e di linee guida cosa avrebbero dovuto fare gli esponenti? Disporre il ricovero nel reparto di appartenenza della patologia principale? Avrebbero dovuto correre il rischio di infettare l’intero reparto di medicina, chirurgia, ecc.?” Si manifesta, dunque, tutta l’infondatezza delle critiche mosse e, aspetto ancor più grave, esse tradiscono l’assenza di consapevolezza circa la reale situazione nella quale si è trovato e si trova a lavorare il Pronto Soccorso di Avezzano”.

Nella nota di replica vengono ricordate le fasi dell’emergenza: “..nella primissima fase dell’emergenza covid-19, a causa della necessaria quarantena a cui è stato sottoposto buona parte del personale medico, i pochi medici rimasti in servizio hanno dovuto far fronte ad un enorme carico di lavoro e responsabilità.
Per adeguarsi alla nuova domanda da parte di pazienti affetti da sospetta infezione da covid-19 (che si presentavano in numero di 4-5 per turno di servizio), è stata predisposta una tenda nel piazzale antistante il P.S. così da rendere più sicura la fase di riscontro diagnostico del paziente. … a tale scopo sono state utilizzate anche le due stanze dedicate alla degenza Obi, in attesa, in caso di riscontro positivo, di inviare i pazienti da trattare presso un ospedale covid e più precisamente presso l’ospedale covid di riferimento (P.O. dell’Aquila)”.

I medici del P.S. passano poi al contrattacco, segnalando di “aver operato con personale ridotto, in assenza di protocolli e percorsi dedicati, di non aver avuto in dotazione Dispositivi di Protezione, che la maggior parte degli specialisti, chiamati in consulenza presso il Pronto Soccorso, si sono rifiutati di visitare personalmente i pazienti, decidendo, autonomamente e senza indicazioni al riguardo né supervisione da parte della Direzione sanitaria, di eseguire consulenze da remoto”, così si legge nella nota di replica alla direzione sanitaria.

“Eppure, anche dopo la chiusura del P.S. di Pescina e Tagliacozzo, il P.S. di Avezzano ha garantito la gestione in sicurezza di circa 110 pazienti sospetti covid-19, mettendo a rischio la loro vita e quella dei propri familiari, ma non certo quella dei malati. I legali Lancia e Braghini evidenziano che nessuna delle critiche mosse può essere accettata”. E’ la Direzione sanitaria, invece, avvertono i medici del P.S., a dover giustificare le “proprie deficienze”.

“Dovrebbe rendere conto della mancanza di un protocollo operativo specifico, dell’approvvigionamento dei DPI (indirizzato spesso a favore del restante presidio ospedaliero) e in particolare di quelli donati da associazioni di volontariato ed esplicitamente devoluti al personale del P.S. di Avezzano, dell’assenza di un percorso per inviare il paziente stabile con sospetto covid direttamente presso U.O. malattie infettive (atteso che sono stati ultimati i lavori – costati non poco – per un percorso esterno), del mancato coordinamento con la Centrale Operativa del 118 per canalizzare i pazienti sospetti covid-19 direttamente presso il presidio ospedaliero di L’Aquila”, questo il sunto della nota dei medici.

“Ora – concludono gli avvocati – attesa la rilevanza pubblica della questione, i medici del P.S. attendono le risposte del Direttore Sanitario del presidio avezzanese. E suggeriscono di non avventurarsi più in critiche infondate, al limite della diffamazione, visto che tutte le emergenze evidenziate nella nota di biasimo sono state affrontate adeguatamente, con la stessa attenzione di sempre, riuscendo a fornire, nonostante la situazione, tutta l’assistenza necessaria e, soprattutto, scongiurando conseguenze negative per pazienti ed operatori. Ciascuno agisca secondo le proprie responsabilità, quindi la Direzione si affretti a predisporre i necessari protocolli operativi. I medici del Pronto Soccorso chiedono rispetto e la collaborazione di tutti gli specialisti del presidio ospedaliero e, riservando ogni altra iniziativa, chiedono al Direttore Sanitario quantomeno delle scuse formali, ma non senza precisare che le scuse saranno accettate solo, e soltanto se, del tutto sincere”.

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