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Le donne della Sanità nella lotta al Covid 19

In prima linea tra paure e senso di responsabilità.

In uno scenario così difficile per l’Italia intera, ci sono donne che non smettono di dare il massimo per il proprio lavoro. Mamme, figlie che ogni giorno si adoperano per aiutare il prossimo. Loro sono le donne della Sanità.

La redazione ha intervistato due donne che lavorano in ambito sanitario per mettere a confronto la loro esperienza personale e lavorativa nella lotta al Coronavirus.

Lucia è un’infermiera e lavora presso una residenza sanitaria assistenziale di Roma. La situazione è molto diversa rispetto agli ospedali, in quanto i pazienti della struttura sono fissi ma sono state attuate comunque delle restrizioni.

“Noi ospitiamo pazienti con decadimento cognitivo – racconta Lucia- ma l’arrivo del Covid-19 ci ha costretto ad attuare nuove regole. Dall’indossare i dispositivi di protezione individuale, al proteggere i pazienti con le mascherine, fino al vietare l’ingresso ai parenti dei malati”.

Già da tempo la struttura aveva fatto richiesta di ampliare il numero dei pazienti e in vista dell’emergenza è stato predisposto l’inserimento di una decina di posti provenienti dall’Ospedale San Camillo di Roma, seppur con delle limitazioni rispetto alla struttura ospedaliera.

“Per gestire l’emergenza -prosegue Lucia- c’è anche bisogno di personale e a tal proposito la Regione Lazio si sta muovendo per l’assunzione di infermieri a tempo determinato, consultando le graduatorie, ma trattandosi di contratti con scadenza molti stanno rifiutando”.

Lucia è anche una mamma e rispetto al forte stress lavorativo e personale a cui medici e infermieri sono sottoposti, risponde così: “E’ un momento difficile per tutti ma ci vuole un forte senso del dovere! Noi infermieri siamo abituati a lavorare in ogni circostanza ma ciò non vuol dire che non ci pesi. Con i bambini, a casa, non è facile. Tuo figlio si aspetta un bacio, un abbraccio, che gli prepari la pappa, tutti gesti che fanno parte della sua normalità”.

Diversa l’esperienza di Alessia, ostetrica all’interno dell’Ospedale Murri di Fermo.
Dalle sue parole emerge la grande difficoltà che il personale sanitario sta affrontando in questo momento.

“Inizialmente è stata sottovalutata la gravità della situazione. Oggi mancano i presidi e i dispositivi di protezione individuale. Siamo costretti ad affrontare l’intero turno di lavoro con la stessa mascherina, chirurgica, per cui la nostra sicurezza non è garantita e viviamo in totale isolamento sociale. Non ci sentiamo tutelati”.

Alessia si trova in contatto diretto con donne che stanno per partorire e che per le nuove disposizioni di sicurezza non possono avere nessuno affianco al momento del parto.

“Le partorienti hanno spesso ansie o paure – racconta alla redazione- perché non possono essere assistite da un familiare. Si affidano nelle mani di una sconosciuta. Di recente una ragazza, per affrontare meglio la situazione, ha voluto far assistere suo marito al parto attraverso una videochiamata”.

“Per quanto riguarda le partorienti affette da Coronavirus – prosegue Alessia- non c’è un protocollo da seguire, si procede con un normale parto utilizzando i dispositivi di sicurezza. Molto delicata è la fase di allattamento in quanto il nascituro ha bisogno di essere allattato dalla mamma perché nel latte materno sono presenti gli anticorpi necessari al bambino, ma non può avere contatti con la bocca della mamma”.

I contagi da Covid-19 nelle Marche sono aumentati negli ultimi giorni, ma al momento la situazione a Fermo riesce ancora ad essere contenuta.

“Nelle Marche c’è una Sanità regionale per cui ci si organizza come si può, non ci sono direttive certe. Ad esempio, per monitorare le donne incinte, viene utilizzato un termometro a distanza che permette di misurare la febbre e capire quindi la condizione della paziente. La differenza rispetto al solito sta soprattutto nella riorganizzazione interna dell’Ospedale che, visto l’aumento dei contagi, deve essere pronto al peggio. La sala operatoria ad esempio deve essere lasciata libera per le emergenze e non viene utilizzata, come di consueto, per il parto ”.

Come Lucia anche Alessia nonostante lo stress e le paure dettate dalla situazione vuole continuare a svolgere il suo lavoro e nutre un profondo senso di responsabilità.

“Non mi pesa il non stare a casa, anzi, mi peserebbe il contrario. Il poter essere utile in questo momento mi da’ grande forza”.

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