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Fase 2, no all’obbligo di sanificazione dei vestiti

L'allarme di Fismo Confesercenti: "Già bruciato un quarto dei fatturati, no ad altri ostacoli alla ripresa". Sono a rischio chiusura in Italia 15mila negozi.

Dall’analisi condotta da Fismo, la Federazione Italiana del Settore Moda di Confesercenti, sul retail italiano, il comparto è destinato a perdere in un anno fino al 25% del fatturato, mentre verosimilmente si ipotizza una crescita del 20% del mercato on-line, che penalizzerà ulteriormente i negozi fisici, costretti ad abbassare le saracinesche per sempre. Secondo le stime Fismo, sono già a rischio di chiusura definitiva almeno 15mila negozi di moda.

“Ora, mentre prosegue l’interlocuzione con le Istituzioni a tutti i livelli (nazionale, regionale e locale) affinché vengano adottate misure concrete a sostegno di questo fondamentale comparto economico, giudicando quelle assunte fino ad oggi assolutamente insufficienti se non addirittura inconsistenti, si inizia a preparare la fase due”, così si legge nella nota stampa.

“Ancora non c’è la data certa ma almeno l’80% dei negozi del settore moda è pronto a riaprire in tutta sicurezza, garantendo ai dipendenti ed a tutti i clienti tutti gli standard di sicurezza previsti dalle attuali disposizioni normative. Siamo davanti ad una fase nuova. I Commercianti sono esasperati da due drammatici mesi di chiusura e vogliono tornare a misurarsi con il mercato e con i consumatori. La ripresa non sarà facile e le prospettive sono particolarizzane impegnative. Le imprese si stanno organizzando per affrontare queste sfide ma hanno bisogno di aiuti e non di ostacoli”, si legge.

“Bisogna eliminare gli ostacoli alla ripartenza, non aggiungerne altri. Confesercenti auspica, ad una settimana dall’ipotetica riapertura dei negozi, prevista per il 18 maggio, che si definiscano norme centrali, attraverso protocolli concertati con le Associazioni di Categoria e non ci si affidi a decisioni locali a dir poco estemporanee. E’ quanto accaduto in Sardegna, dove la Regione, a Statuto Speciale, ha imposto l’obbligo di sanificare i capi provati dai clienti. Un obbligo a sostegno del quale non si porta alcuna prova scientifica e che rischia di rovinare i prodotti e aumentare i costi per i consumatori e per le imprese. Sanificare un indumento vuol dire trasformare un capo nuovo in usato, probabilmente frutto della fantasia di solerti burocrati, vista l’assenza di studi medici che stabiliscano la trasmissibilità del virus attraverso gli indumenti. A lasciare ancora più allibiti è il fatto che l’obbligo si applichi solo ai negozi: il commercio online ne è totalmente escluso, nonostante moltissimi siti offrano ormai la possibilità di provare l’abito e, in caso, rispedirlo al mittente”.

Fismo Confesercenti sottolinea, inoltre, “l’importanza della sanificazione dei locali, prevista sia dal Protocollo sulla sicurezza nei luoghi di lavoro stipulato da Associazioni Datoriali e Sindacati il 24 aprile, sia dal documento tecnico dell’INAIL. In proposito però occorre ribadire che, in base all’ultimo DPCM, per il settore moda è prevista la sola sanificazione degli ambienti di lavoro, che dovrà essere espletata a cura dal titolare con i normali mezzi di igiene idonei allo scopo”.

Non appena sarà certa la data di ripresa delle attività del settore moda e saranno note le disposizioni a cui bisognerà attenersi, sarà cura delle sedi territoriali Confesercenti (L’Aquila ed Avezzano) diramare specifiche comunicazioni a beneficio di tutte le imprese.

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