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Eutanasia, laici e cattolici a confronto a L’Aquila

Giudici, "urgente legge”. Referendari, “garantire diritto alla dignità”. Chiesa “vita è dono indisponibile”

“Come giurista non concepisco un diritto che non sia pieno. Se sono padrone della mia vita devo poterne disporre fino all’ultimo momento, ecco perché occorre un intervento legislativo che sancisca, in determinate condizioni, il diritto al fine vita e che tuteli la dignità delle persone. Il mio libro ha l’obiettivo di alimentare il dibattito e il confronto, tra laici e cattolici, davanti ad un tema di così scottante attualità”.

In una gremita agorà di palazzo dell’Emiciclo a L’Aquila, sede del Consiglio regionale, si alza forte il vento della richiesta di una norma, assente in Italia, sull’eutanasia.

La richiesta più pressante è stata formulata dal giudice del Tribunale dell’Aquila, Marco Billi, che ha presentato il suo libro “Soli nel fine vita, Il caso Cappato e la necessità di una legge”. Uno dei passaggi salienti del convegno-dibattito “Fine vita, il silenzio del legislatore e il ruolo delle Regioni”, organizzato dal gruppo consiliare in Regione Abruzzo del Partito democratico e dalla casa editrice Edizioni Mondo Nuovo di Pescara.

A confronto magistratura, referendari, politici e chiesa, quest’ultima con la posizione dogmatica che esclude l’eutanasia, nel corso di un serrato e franco dibattito che ha coinciso con l’avvio della campagna referendaria “Eutanasia legale”, sulla necessità di una norma che garantisca il diritto a porre termine all’esistenza da parte di un paziente consenziente e con un quadro clinico di patologia terminale, dolorosa e invalidante.

A rappresentare il punto di vista dei cattolici, il docente di Teologia morale presso l’Istituto teologico, don Claudio Tracanna, che ha letto una lettera del cardinale Giuseppe Petrocchi, arcivescovo metropolita dell’Aquila, impossibilitato ad intervenire in presenza, per improrogabili impegni in Vaticano. “La vita, dal concepimento fino alla sua conclusione naturale, costituisce un dono prezioso di cui l’uomo è custode, ma non padrone”, ha scritto Petrocchi.

Protagonista della serata anche Mina Welby, co-presidente dell’Associazione “Luca Coscioni”, moglie di Piergiorgio Welby, che ha lottato contro il diritto al rifiuto dell’accanimento terapeutico e, gravemente ammalato, ha scelto di porre termine alla sua vita il 20 dicembre 2006 a seguito del distacco del respiratore artificiale e previa somministrazione di sedativi. “Il mio lutto è stato solo per la grande sofferenza di Piergiorgio, non per la sua morte. È stato un santo laico, che si definiva un miscredente”, le sue parole.

Ad intervenire la deputata del Pd Stefania Pezzopane, il rettore dell’Università dell’Aquila, Edoardo Alesse, il presidente della Corte d’Appello dell’Aquila, Fabrizia Francabandera, in collegamento streaming, il consigliere regionale del Pd, Pierpaolo Pietrucci e il presidente dell’Ordine degli avvocati dell’Aquila, Maurizio Capri.

A moderare il giornalista Rai, Nino Germano.

“Nel 2017 abbiamo avuto legge sul consenso informato, invocata per anni – ha detto Billi -, che per la prima volta ha formalizzato il principio che nessuno può essere obbligato ad un trattamento sanitario senza un consenso preventivo e informato. Tra i trattamenti sanitari anche la nutrizione e idratazione artificiali, non è però ammessa l’iniezione letale, ma solo il rifiuto delle cure. Il salto che si chiede da una parte maggioritaria dell’opinione pubblica, è ora quella di normare definitivamente la materia, tenuto conto che un paziente può essere in condizione di fine vita per lunghi periodi, in una situazione di grande sofferenza. La chiesa cattolica è nella posizione dell’assoluta indisponibilità della vita, perché l’uomo è fatto a immagine e somiglianza di Dio. C’è chi invece sostiene che almeno in questo segmento finale vada garantito il diritto a porre termine in modo dolce all’esistenza”.

Nel suo intervento don Claudio Tracanna ha invece evidenziato che “le leggi che vengono approvate in tutto il mondo, e che autorizzano a mettere fine alla vita di una persona, la Chiesa non può accettarle, la vita ci è data, siamo creature, create da un Creatore. È una posizione non solo di noi cattolici, la questione non va ridotta solo in un ambito di bioetica e di contrasto tra laici e cattolici”.

Concetti ribaditi nel messaggio del Cardinale Petrocchi, “L’insegnamento della Chiesa su questo argomento è saldo, costante e convergente. Anche Papa Francesco ne ha ribadito i contenuti etici basilari: la vita viene da Dio; l’uomo, avendola ricevuta, è chiamato ad accoglierla e portarla a compimento con l’aiuto della grazia. Pertanto la vita – dal concepimento fino alla sua conclusione naturale, – costituisce un dono prezioso di cui l’uomo è custode, ma non padrone. In questa visione l’eutanasia (come suicidio assistito) non può trovare mai una sua legittimazione. Così facendo si decide al posto di Dio il momento della morte”.

Toccante l’intervento di Mina Welby.

“Con Piergiorgio ho conosciuto la felicità, non pensavamo certo alla morte. Quando c’è stato il grave peggioramento della sua distrofia muscolare, lui mi ha detto, ‘dobbiamo fare qualcosa’ e da allora ha condotto una grande battaglia di civiltà. Ha aperto il forum sul sito dei Radicali italiani, ha scritto al presidente del Comitato nazionale di bioetica chiedendo una legge almeno per le disposizioni anticipate di trattamento, che oggi è realtà. Ha scritto al presidente della Repubblica ricordandogli che se fosse nato in Belgio o in Olanda, avrebbe avuto, a differenza di quello che accade in Italia, il diritto all’eutanasia. Il mio lutto è stato solo per la grande sofferenza di Piergiorgio, non per la sua morte. È stato un santo laico, che si definiva un miscredente”.

“Ci sono in Italia numerosi casi silenziosi – ha detto la deputata Pezzopane -, che non riescono a guadagnare la cronaca, il servizio televisivo, che vivono in solitudine il dramma del fine vita. Si parla di latitanza della politica, ma voglio sottolineare che fosse per me la legge sarebbe subito approvata, sono altrove le resistenze, basti vedere cosa sta accadendo con il ddl Zan, c’è una parte della politica che usa in modo strumentale le posizioni della Chiesa. Anche io sono cattolica, ma sono cittadina di uno stato laico che ha il dovere di approvare una legge in materia, per garantire la libertà e la dignità partendo da un presupposto: chi siamo noi per dire che una persona, senza nessuna possibilità di guarigione debba continuare a soffrire per anni di una sofferenza spietata?”

“Da ricercatore e da medico – ha proseguito il rettore Alesse – affermo che la vita è sacra, ma nei casi in cui ci sono pazienti che raggiungono livelli di gravità irreversibile, la sacralità può avere un limite, perché non possiamo abiurare alla tutela della dignità delle persone. Il problema è dove porre l’asticella, oltre la quale è consentito scegliere il fine vita, e questa misura deve stabilirla il legislatore”.

“Il legislatore – ha ricordato Francabandera – dovrà seguire il percorso già tracciato dalla giurisprudenza, che è già in sintonia con il diritto europeo. La questione del fine vita si è imposto alla coscienza collettiva attraverso le aule giudiziarie, pensiamo ai casi Englaro, Welby Dj Fabo e Cappato. La giurisprudenza ha creato un diritto vivente, che ha portato alla legge sul consenso informato e la Corte costituzionale a chiedere al legislatore di intervenire con urgenza per riempire il vuoto normativo. Il punto è che sui temi etici in Italia si fa molta fatica, non siamo un Paese pacificato sul fronte dei diritti civili”.

“Occorre davanti ad un tema così complesso, un approccio non ideologico – ha detto Pietrucci -. È certo che in questi anni la politica è stata latitante, c’è una grave carenza normativa, finora è stata persa una occasione. Ora si può percorrere la strada del referendum, che sostengo, da cristiano, con grande umiltà”.

“Questo convegno rappresenta un evento culturale di una portata che non si vedeva da anni qui a L’Aquila – ha affermato Capri -. Con la legge del 2017 abbiamo aperto il fronte del consenso informato e del testamento biologico, ma c’è altra strada da percorrere”.

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